Poco più di un anno fa accadeva che un ragazzo di appena 17 anni veniva ucciso da chi le regole dello Stato deve farle rispettare. Dicevo che coesistevano due tipi di persone appartenenti ad ecosistemi in continua opposizione tra di loro, uno legato ad ambienti per così dire degradati, l’altro appartenente al cosiddetto mondo “civile”.
Forse mi sbagliavo. Forse, questo binomio si è trasformato. Forse apparteniamo tutti ad entrambe le categorie.
E’ di un paio di giorni fa la notizia che un uomo, derubato di 5000 euro, ha sparato ed ucciso i suoi rapinatori. La moglie del rapinatore ha inveito contro il commerciante che ha esploso i colpi verso i ladri: “te li devi portare sulla coscienza. Li hai uccisi per 5000 euro”.
Il commerciante, con ogni probabilità, avrà per sempre il suo gesto sulla coscienza, ma la moglie del ladro, invece? Dormiva bene nonostante sapesse che il marito faceva questa vita? Quando il marito dopo solo un’ora di “lavoro” portava a casa 5000 euro, che una persona normale guadagna in cinque mesi, non faceva domande? Che tipo di coscienza aveva lei?
Sia chiaro, io non gioisco per una morte. Provo solo profonda amarezza per il fallimento culturale della società. Forse, con una campagna di costante sensibilizzazione, di sostegno alle famiglie e una politica giusta che metta in primo piano l’istruzione e la cultura certe cose potrebbero gradualmente scomparire.
Alla nascita siamo tutti uguali, non decidiamo noi di vivere in un mondo o nell’altro. Siamo in mondi paralleli che occupano gli stessi spazi, abbiamo tutti le stesse coscienze, siamo tutti allo stesso tempo vittime e carnefici, forse nasciamo tutti assassini, indistintamente. Solo la cultura, successivamente, divide gli uni dagli altri.
In questi ghetti creati ad hoc dallo Stato in cui non esiste istruzione, non esiste cultura, i ragazzi non sanno cosa sia un lavoro vero, con una busta paga, ecc. perché per loro il lavoro è fare il palo per lo spaccio, è in questi luoghi che lo Stato deve intervenire con autorità guardando all’educazione e all’istruzione dei suoi cittadini, uno Stato che, al contrario, permette ai suoi abitanti di farsi giustizia da sé è uno Stato fallito.